martedì 31 marzo 2020

J'accuse: basta incensare Bergamo, la Lombardia e l'Italia



Premessa: se avete bisogno di buonumore, se avete bisogno di parole mielose, di politicamente corretto, di parole allineate all'unica narrazione del momento per sentirci tutti parte di un unico, immenso, virtuale e soprattutto ipocrita abbraccio che da dietro gli eccessi del "Io resto a casa" trapassa le pareti domestiche – e presto le trapasserà ancora più efficacemente grazie al 5G che ci installeranno fuori dalle nostre case anche grazie alla vostra decisiva collaborazione – non continuate a leggere.
Perché quella che vado a scrivere è un'autocertificazione di antipatia, un'antipatia dalla quale non posso più astenermi, soffocato come mi sento dal crescendo di miope autoesaltazione fine a se stessa del nostro paese.
In questi giorni si sprecano le bandiere tricolori sui balconi, i video autocelebrativi e i meme condivisi tramite le reti sociali alla velocità dell'idiozia in cui a seconda della dimensione territoriale, ci raccontiamo a vicenda quanto noi bergamaschi, noi lombardi, noi italiani siamo bravi, belli, solidali, forti, intelligenti, sani.
Ma tutto questo ha per me lo stesso sapore di quei funerali in cui anche il peggior elemento, da morto, viene da tutti ricordato come una brava persona.

Io che in questi giorni ho fatto una scelta individualista e ho deciso di approfittare della quarantena per stare con la famiglia e riprendermi da malesseri precedenti, mi tolgo sinceramente il cappello di fronte ai tanti che stanno dando l'anima per chi ha bisogno. Penso tra tutti ai volontari degli apini e della protezione civile che in pochi giorni stanno facendo fiorire un ospedale praticamente dal nulla alla fiera di Bergamo, lavorando giorno e notte senza niente chiedere in cambio.

Eppure qualcosa non torna. Perché un popolo così apparentemente meraviglioso, se davvero fosse tale, non sarebbe mai dovuto arrivare a questo punto.
I gesti di solidarietà valgono tantissimo a prescindere da ogni altra considerazione, questo sia chiaro.
Ma da militante politico che nel corso degli anni ha lavorato con vari gruppi e associazioni mettendoci la faccia in pubblico e in piazza mi chiedo dov'era questo popolo così attento ai bisogni del prossimo quando in tre gatti a un gazebo denunciavamo lo smantellamento dello stato e delle sue strutture tra cui la sanità a favore di interessi privati? Chi oggi si spacca la schiena per costruire un ospedale dov'era quando qualcuno cercava di spiegare l'importanza di una sanità pubblica adeguatamente attrezzata e l'importanza di una diffusa cultura della salute tra la popolazione? Chi oggi meritoriamente consegna farmaci agli anziani dov'era quando dimostrava la riduzione della vecchiaia a gigantesco affare per le case farmaceutiche grazie alla dipendenza indotta alle medicine? Chi oggi si barrica in casa e indossa mascherine anche quando fa l'amore come fosse un preservativo, dov'era quando c'era chi condivideva una seria cultura della salute diffusa tra la popolazione come prima via di prevenzione che alleggerisse proprio la pressione sul sistema sanitario?

Me le ricordo le risposte ricevute ai gazebo, agli inviti via messaggio, alle pubblicazioni, alla fine delle conferenze. Me le ricordo quasi una per una.
Non ho tempo.
Siete troppo avanti.
Ho altro da fare.
Siete troppo pochi, cosa volete fare?
Non mi interessano queste cose.
E' sempre stato così, non serve cercare di cambiare.
Seguo già l'Atalanta.

Certo, sono arrabbiato, ma non ancora del tutto stupido. Non tutti quelli che oggi si stanno prodigando per combattere l'emergenza erano necessariamente degli egoisti fino a ieri.
Ma temo fortemente che in molti lo fossero, altrimenti non si spiega come si sia arrivati al disasstro di oggi.
Non si spiega come siano stati tagliate decine di miliardi alla sanità nell'indifferenza generale se tutti qui in Italia e a Bergamo siamo così patriottici da esporre il Tricolore e cantare al cielo l'inno nazionale.
Non si spiega come mai enormi superfici di verde siano stati sacrificati alla speculazione privata (non da ultima la BreBeMi) se qua a Bergamo e in Italia siamo tutti così premurosi per la nostra salute e quella degli altri, tanto che non solo ormai teniamo il metro di distanza l'uno con l'altro, ma, per sicurezza, teniamo anche la macchina parcheggiata a un metro dalla striscia del parcheggio così da occupare due posti, tanto in quel caso gli altri non esistono.
Non si spiega come non vengano lasciati mezzo chilo di pasta o un chilo di farina a chi - non avendo ceduto all'isteria - vorrebbe fare una spesa ordinaria, se tutti sono così altruisti e quindi dovrebbero evitare di saccheggiare i supermercati come se gli altri non mangiassero.

E ancora di più non posso non notare l'ipocrisia giustizialista di un popolo che sta alla finestra a osservare e denunciare dalle tastiere dei telefonini e dei computer chi passeggia liberamente a 500 metri di distanza dalla più vicina forma di vita, chi non ha la mascherina, chi porta fuori il cane, chi non ha i guanti quando va a fare la spesa.
Perché questa è una terra in cui milioni di persone hanno fatto dell'illegalità e del pressapochismo una disciplina olimpica fino all'altro ieri e questo ha contribuito a portare l'Italia a essere la zimbella d'Europa. E se pensiamo di cavarcela dicendo che la colpa è come sempre dei "politici", ricordiamo che la mela non cade lontana dall'albero e una classe politica affarista e grossolana non può che trovar sostegno in un elettorato a sua immagine e somiglianza.
Se siamo così bravi qualcuno mi spieghi perché quando esco per commissioni vedo puntualmente, pur tra le poche auto in circolazione, gente che alla guida indossa diligentemente la mascherina eppure guarda il cellulare anziché la strada.


No Bergamo, Lombardia, Italia... è vero che vi ho sempre amate tutte quante, altrimenti non avrei militato per anni nella politica di periferia per migliorarvi e non continuerei a farlo. Ma vi ho sempre amate non per come siete, ma per come dovreste essere.
E purtroppo oggi non state cambiando. Non eravate degne di lode prima, non lo siete ora. Siete una terra come ve ne sono molte al mondo, coi propri pregi e i propri difetti e non voglio unirmi a un coro che con ipocrisia vuole mascherare proprio questi ultimi esaltando delle qualità che invece non ci sono.

Tutto questo non sta accadendo per caso. Le crisi sono occasioni di cambiamento, sono opportunità, anche nel dolore e nella perdita. Purtroppo sto prendendo atto che questa crisi non sta producendo il necessario cambiamento nelle persone di queste terre che invece si stanno radicando nel loro precedente e sbagliato modo di essere.

Per questo voglio concludere con la speranza che, almeno da qui in avanti, le cose possano finalmente migliorare e lo slancio altruistico, così come il senso di appartenenza di questi giorni, possano in futuro essere indirizzati su una via davvero costruttiva.

Nessun commento:

Posta un commento