Premessa: se avete
bisogno di buonumore, se avete bisogno di parole mielose, di
politicamente corretto, di parole allineate all'unica narrazione del
momento per sentirci tutti parte di un unico, immenso, virtuale e
soprattutto ipocrita abbraccio che da dietro gli eccessi del "Io
resto a casa" trapassa le pareti domestiche – e presto le
trapasserà ancora più efficacemente grazie al 5G che ci
installeranno fuori dalle nostre case anche grazie alla vostra
decisiva collaborazione – non continuate a leggere.
Perché quella che vado a
scrivere è un'autocertificazione di antipatia, un'antipatia dalla
quale non posso più astenermi, soffocato come mi sento dal crescendo
di miope autoesaltazione fine a se stessa del nostro paese.
In questi giorni si
sprecano le bandiere tricolori sui balconi, i video autocelebrativi e
i meme condivisi tramite le reti sociali alla velocità dell'idiozia
in cui a seconda della dimensione territoriale, ci raccontiamo a
vicenda quanto noi bergamaschi, noi lombardi, noi italiani siamo
bravi, belli, solidali, forti, intelligenti, sani.
Ma tutto questo ha per me
lo stesso sapore di quei funerali in cui anche il peggior elemento,
da morto, viene da tutti ricordato come una brava persona.
Io che in questi giorni
ho fatto una scelta individualista e ho deciso di approfittare della
quarantena per stare con la famiglia e riprendermi da malesseri
precedenti, mi tolgo sinceramente il cappello di fronte ai tanti che
stanno dando l'anima per chi ha bisogno. Penso tra tutti ai volontari
degli apini e della protezione civile che in pochi giorni stanno
facendo fiorire un ospedale praticamente dal nulla alla fiera di
Bergamo, lavorando giorno e notte senza niente chiedere in cambio.
Eppure qualcosa non
torna. Perché un popolo così apparentemente meraviglioso, se
davvero fosse tale, non sarebbe mai dovuto arrivare a questo punto.
I gesti di solidarietà
valgono tantissimo a prescindere da ogni altra considerazione, questo
sia chiaro.
Ma da militante politico
che nel corso degli anni ha lavorato con vari gruppi e associazioni
mettendoci la faccia in pubblico e in piazza mi chiedo dov'era questo
popolo così attento ai bisogni del prossimo quando in tre gatti a un
gazebo denunciavamo lo smantellamento dello stato e delle sue
strutture tra cui la sanità a favore di interessi privati? Chi oggi
si spacca la schiena per costruire un ospedale dov'era quando
qualcuno cercava di spiegare l'importanza di una sanità pubblica
adeguatamente attrezzata e l'importanza di una diffusa cultura della
salute tra la popolazione? Chi oggi meritoriamente consegna farmaci
agli anziani dov'era quando dimostrava la riduzione della vecchiaia a
gigantesco affare per le case farmaceutiche grazie alla dipendenza
indotta alle medicine? Chi oggi si barrica in casa e indossa
mascherine anche quando fa l'amore come fosse un preservativo,
dov'era quando c'era chi condivideva una seria cultura della salute
diffusa tra la popolazione come prima via di prevenzione che
alleggerisse proprio la pressione sul sistema sanitario?
Me le ricordo le risposte
ricevute ai gazebo, agli inviti via messaggio, alle pubblicazioni,
alla fine delle conferenze. Me le ricordo quasi una per una.
Non ho tempo.
Siete troppo avanti.
Ho altro da fare.
Siete troppo pochi,
cosa volete fare?
Non mi interessano
queste cose.
E' sempre stato così,
non serve cercare di cambiare.
Seguo già l'Atalanta.
Certo, sono arrabbiato,
ma non ancora del tutto stupido. Non tutti quelli che oggi si stanno
prodigando per combattere l'emergenza erano necessariamente degli
egoisti fino a ieri.
Ma temo fortemente che in
molti lo fossero, altrimenti non si spiega come si sia arrivati al
disasstro di oggi.
Non si spiega come siano
stati tagliate decine di miliardi alla sanità nell'indifferenza
generale se tutti qui in Italia e a Bergamo siamo così patriottici
da esporre il Tricolore e cantare al cielo l'inno nazionale.
Non si spiega come mai
enormi superfici di verde siano stati sacrificati alla speculazione
privata (non da ultima la BreBeMi) se qua a Bergamo e in Italia siamo
tutti così premurosi per la nostra salute e quella degli altri,
tanto che non solo ormai teniamo il metro di distanza l'uno con
l'altro, ma, per sicurezza, teniamo anche la macchina parcheggiata a
un metro dalla striscia del parcheggio così da occupare due posti,
tanto in quel caso gli altri non esistono.
Non si spiega come non
vengano lasciati mezzo chilo di pasta o un chilo di farina a chi -
non avendo ceduto all'isteria - vorrebbe fare una spesa ordinaria, se
tutti sono così altruisti e quindi dovrebbero evitare di
saccheggiare i supermercati come se gli altri non mangiassero.
E ancora di più non
posso non notare l'ipocrisia giustizialista di un popolo che sta alla
finestra a osservare e denunciare dalle tastiere dei telefonini e dei
computer chi passeggia liberamente a 500 metri di distanza dalla più
vicina forma di vita, chi non ha la mascherina, chi porta fuori il
cane, chi non ha i guanti quando va a fare la spesa.
Perché questa è una
terra in cui milioni di persone hanno fatto dell'illegalità e del
pressapochismo una disciplina olimpica fino all'altro ieri e questo
ha contribuito a portare l'Italia a essere la zimbella d'Europa. E se
pensiamo di cavarcela dicendo che la colpa è come sempre dei
"politici", ricordiamo che la mela non cade lontana
dall'albero e una classe politica affarista e grossolana non può che
trovar sostegno in un elettorato a sua immagine e somiglianza.
Se siamo così bravi
qualcuno mi spieghi perché quando esco per commissioni vedo
puntualmente, pur tra le poche auto in circolazione, gente che alla
guida indossa diligentemente la mascherina eppure guarda il cellulare
anziché la strada.
No Bergamo, Lombardia,
Italia... è vero che vi ho sempre amate tutte quante, altrimenti non
avrei militato per anni nella politica di periferia per migliorarvi e
non continuerei a farlo. Ma vi ho sempre amate non per come siete, ma
per come dovreste essere.
E purtroppo oggi non
state cambiando. Non eravate degne di lode prima, non lo siete ora.
Siete una terra come ve ne sono molte al mondo, coi propri pregi e i
propri difetti e non voglio unirmi a un coro che con ipocrisia vuole
mascherare proprio questi ultimi esaltando delle qualità che invece
non ci sono.
Tutto questo non sta accadendo per
caso. Le crisi sono occasioni di cambiamento, sono opportunità,
anche nel dolore e nella perdita. Purtroppo sto prendendo atto che
questa crisi non sta producendo il necessario cambiamento nelle
persone di queste terre che invece si stanno radicando nel loro
precedente e sbagliato modo di essere.
Per questo voglio concludere con la
speranza che, almeno da qui in avanti, le cose possano finalmente
migliorare e lo slancio altruistico, così come il senso di
appartenenza di questi giorni, possano in futuro essere indirizzati
su una via davvero costruttiva.
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