lunedì 6 dicembre 2021

Ri-Costituzione italiana

 

Voglio spazzare il campo da ogni dubbio.
Per me la Costituzione ha solo ed esclusivamente un valore giuridico e pratico. Mi ci posso appellare finché è tecnicamente utile come lo possono essere il codice della strada o un'ordinanza comunale sui rifiuti.
Non rappresenta per me alcun significato etico o morale particolarmente elevato, anzi.
La Costituzione - insisto nel maiuscolo essendo formalmente Legge Fondamentale di uno stato - incarna anzi da un punto di vista etico la prima forma di degrado del popolo italiano.
Perché c'è una linea di continuità tutt'altro che spezzata tra chi ha scritto la Costituzione e chi oggi si fa mitragliare il braccio di iniezioni letali. Senza la decadenza morale dei nonni, non avremmo questi nipoti.
Questo documento è di fatto il prodotto sotto supervisione straniera di un popolo che non ha saputo nemmeno da quale padrone farselo dettare, se da quello americano o quello sovietico, concedendo un articolo all'uno e un articolo all'altro.
Dalla nostra carta costituzionale non può arrivare alcun profondo rinnovamento interiore della nostra nazione che al contrario ha tanto bisogno proprio di una ri-Costituzione di se stessa al netto di ogni ingerenza sia essa extra-nazionale (ingenerenze politico-militare USA ed economica cinese) sia anti-nazionale (potentati apolidi del capitale produttivo e finanziario).

mercoledì 1 dicembre 2021

Così in alto come in basso




di lorenzo merlo ekarrrt – 231121

La cultura materialista ha soffocato le dimensioni umane considerate inutili alla conoscenza.

La tradizione ermetica, attraverso il suo brocardo così in alto come in basso, vuole esprimere che quanto accade nel mondo fisico è un riflesso di quello metafisico, sottile, esoterico.
Da entrambe le dimensioni possiamo osservare, riconoscere ed esperire gli elementi, le entità, le forze che compongono tanto la storia e le sue forme, quanto l’universale, l’eterno, l’assoluto.

È un discorso inaccessibile a chi risiede, per ideologia o per carenza di consapevolezza, nel piano razionalist-positivista e material-meccanicista. Un territorio che, come tutti gli altri, genera le sue verità. Tra queste, la negazione che altro ci sia oltre alla materia. La quale, a sua volta, è separabile e scomponibile fino alle più piccole parti. Fino a non riconoscere il significato per comprendere mali e speranze, caratteri e condizioni. Solo ciò che essa è in grado di riconoscere e misurare diviene vero, insieme di verità impilate in babeliche librerie, fitte di nomi e categorie. La persistenza di questo ordine delle cose ha pervaso la cultura e le menti, la creatività e il pensiero degli uomini che la condividono per inconsapevole adesione allo scientismo, nonché per maturato convincimento. Non a caso, la mitizzazione della tecnologia, quale reale progresso dell’uomo, ne sancisce la potenza, il significato, le politiche. E anche il soffocamento della vita profonda che anima i suoi serial, inarrendevoli killer. Basta chiedere loro cosa sia la coscienza per la scienza o da cosa dipenda il loro innamoramento per piantare il discorso su fondali inesplorati.

Il potere assoluto del razionalismo infarcisce mente e pensiero e intelligenza, impone una lettura inopportuna del linguaggio emozionale, comprime l’umano entro contenitori finiti, ontologicamente inadatti alla conoscenza. Esserne consapevoli torna utile all’ecologia individuale e sociale.



La presenza nelle nostre coscienze di quanto non è misurabile, dell’assoluto, dell’infinito, del mistero o di dio permette di dare verità al motto alchemico, nonché di riscontralo in tutto il fare degli uomini.

Uno dei fare riguarda il principio che nel nostro pensiero esiste il mondo o che il mondo esiste solo nel nostro pensiero. Non solo. Che la loro reciprocità ne è la prova più tangibile, sebbene il fornire prove non sia tra gli argomenti evolutivi dell’uomo. La visione persistente di se stessi, investiti di un certo ruolo, è una forza che tende effettivamente a realizzare quello scopo di sé sempre immaginato e ad alimentarlo una volta considerato raggiunto. Così, a qualunque campione umano con prestazioni sopra la media, si potrà trovare una continuità di allenamento di tutte gli elementi necessari allo scopo del primato.

Motivazione permettendo, l’allenamento mantiene e migliora lo standard del nostro fare. È una verità biologica, che possiamo riscontrare anche attraverso l’osservazione del comportamento del corpo di un essere vivente, in particolare dei mammiferi, con facilità nell’uomo. Purché non considerato alla stregua di una macchina.



Il contatto con un virus nocivo è per il corpo un’informazione, tanto sottile quanto materiale, che mette in essere una reazione delle sue strutture atte a renderlo innocuo. Sottile, in quanto il corpo viene informato dell’esistenza di un aspetto della vita. Materiale, perché la sua azione chiama in causa quegli elementi che, a mezzo della tecnologia, nominiamo, collochiamo e classifichiamo.

Il medesimo contatto indotto da un vaccino, medesimo non è.

Informare, insegnare, formare qualcuno in merito a proprie esperienze e convinzioni, non è come ricrearle. La differenza di stabilità delle due modalità si può esprimere in intellettuale per la prima e incarnato per la seconda. L’esperienza non è trasmissibile, indurla a suon di inoculazioni – di qualunque genere si voglia – fa il pari con l’esportazione della democrazia.

Nella nostra cultura, la modalità intellettuale è ordinaria, nella quale capire pare sia il massimo possibile. Scimmiottare ne costituisce il risultato pragmatico. È un procedere che pone al centro il concetto e lascia l’uomo ai margini, per poi riporlo al centro solo per giudicarlo in funzione della sua dimostrazione di replica del concetto stesso. Il suo valore è quindi relativo alla capacità di replicare senza variazione.

Il medesimo concetto, se ricreato, ovvero, se esperito come culmine di una certa prospettiva effettivamente percorsa, implica la disponibilità di poterlo impiegare in tutte le sue innumerevoli occasioni secondo la condizione creativa del momento.

Ne deriva che senza esperienza diretta non abbiamo la possibilità di

aggiornare l’identità anche nella sua dimensione biologica del Dna e delle sue relative espressioni fisiche.

Dunque, il corpo fa conoscenza di un surrogato del virus, e ne risente la resistenza della vita stessa. A questo argomento i materialisti reagiscono celebrando il valore della vita individuale. Non hanno modo di cogliere come stanno indebolendo la specie a favore di un suo campione.

martedì 16 novembre 2021

Inizio o fine di un’epoca?

  di lorenzo merlo ekarrrt – 011121

 

 

L’idea predatorio-capitalistica volge alla fine? Il plinto positivista che la sorregge si sta sgretolando sotto le intemperie di crescenti consapevolezze? La matrice razionalistico-illuminista, resa impura e arrogante dallo scientismo, potrà ora confortare l’umanesimo, potrà cessare di escluderlo dal mondo? La sua intelligente missione potrà ora agevolare l’evoluzione, invece di costringerla e castrarla dentro le misere stanze del materialismo?


Chi ancora non li vede è preso a braccetto da quelli che fanno finta non ci siano e insieme fanno gruppo con quelli che cercano di nasconderli. Eppure, ci sono segni di decadenza economica, istituzionale, infrastrutturale, morale, valoriale. Ci sono sintomi di abbandono. L’idea salvifica del comandante che lascia per ultimo la nave che affonda non contiene più alcun conforto. La ciurma, che lungamente non aveva voluto dubitare del capitano, ora è costretta a ricredersi. Sta accadendo il contrario della purezza, della bellezza, della verità. I solidi piani su cui poggiavamo i piedi sono ora instabili. Avevamo eretto le nostre vite, sulla base di quelli, avevamo traguardato verso il futuro e fatto progetti. Rimarrà in piedi solo una parte di noi e ancora una volta saranno quelli che potranno permettersi di pagare il biglietto per la scialuppa di salvataggio. Gli altri, alla faccia della politica migratoria delle braccia aperte del Pd e dei suoi occulti soci, scivoleranno in mare. Secondo le sfacciate regole d’ingaggio della protodemocrazia, niente più che danno collaterale. Una definizione che nel vocabolario dei tecnocrati non compare, sostituita da costo del grand reset.


Il profitto, il consumo, la produzione, il costo del lavoro avevano esaurito i mercati tradizionali, e con essi, il potere egemonico economico-militare che ne derivava. Sebbene in vantaggio, gli americani vedevano ridursi le lunghezze che avevano sempre avuto sui diretti neoinseguitori: la Russia si era rimessa in piedi, diversi Paesi disponevano di armamenti di cui preoccuparsi, l’avanguardia tecnologica non risiedeva più solo negli Usa e il formicolare confuciano cinese in permanente ed impressionante crescita, da terzo mondo – leggi innocuo – divenne in tempi brevi, forse non previsti dagli algoritmi nostrani, argomento di cui occuparsi. A maggior ragione per la sua politica estera, di stampo estraneo a quella colonialista e neocolonialista di casa nostra. Ben accetta dai residenti, ancora memori del sanguinoso passato patito in cambio di un pugno di riso, e ancora destinatari di falsi aiuti umanitari e di vere guerre. Politica estera cinese che al momento pare in grado di offrire evoluzione economica alle società in cui è penetrata a suon di garanzie strutturali, in un certo progetto di estensione del proprio dominio politico-territoriale-commerciale. Oltre a buona porzione dell’Asia, parte dell’Africa e del Sud America sono braccio attivo al lavoro della mente pensante di Pechino. La protoautarchia paventata da Trump non appare più come la boutade di uno sprovveduto. I tempi erano cambiati, aveva capito che la gestione del vecchio registro avrebbe svenato il paese, che la politica delle guerre/vendita, armi/gestione, ricostruzione/creazione di gruppi terroristici era giunta al termine. Il suo motto, America first, non alludeva al dominio mondiale, ma alla salvaguardia degli americani in patria. Una politica protettiva che sarebbe venuta meno seguendo le esose modalità del vecchio registro.

Tra l’altro, guerre che, tanto per citare l’afghana, l’irachena e la siriana, hanno questi morti, anzi no, questi numeri, meglio, questi effetti collaterali: 400 mila civili, 7000 militari americani. Ma forse si tratta di effetti necessari, più che collaterali. Considerati indispensabili nel progetto di piazzare basi militari via via più a est, via via più utili al controllo del nuovo nemico.

Ma, Trump a parte – pubblicamente (ma non privatamente) ucciso dal suo stesso guasconismo, facile bersaglio dei detentori dei media occidentali e sicuro prodotto al mercato dell’audience dell’uomo comune, quello che si crede arguto, progressista e intelligente – l’intento globalista, Donald-precedente, fu l’idea giusta, al momento giusto. Generato dalla necessità di fare mercato, quale carbon-umano della macchina capitalista, non poteva che avanzare a qualunque costo come un elefante in cristalleria, consapevole della forza di se stesso, nonostante la crisi dei subprime, e ricco dei valori individualisti, che gli avrebbero garantito lunga vita.

Il globalismo, nondimeno indotto e permesso dalla digitalizzazione di denaro, dati e comunicazione, è forse il penultimo tentativo di far fronte al decadimento del sistema fondato dal capitalismo storico. Quello finanziario ha definitivamente spinto fuori dal nascondiglio le politiche ordoliberiste, divenute necessarie per ridurre i costi, le piccole imprese, la popolazione improduttiva, nonché i valori, le tradizioni e i confini locali, quindi le molteplici identità, quali punti d’appoggio di società e stati. Di intere identità, così rese squilibrate. Tutti elementi per ontologia in contrasto con l’esigenza di uniformizzazione dei costumi e delle amministrazioni, di industrializzazione delle menti e dei comportamenti. Esigenze contemporaneamente caldeggiate dal mito tecnologico e opportunamente salvifico del mondo del lavoro robotico e on line.

Quindi il Covid, indipendentemente dalla sua fuga accidentale o strumentale, è stato sfruttato per accelerare il processo di sopravvivenza dello status quo occidentale. Un’accelerazione a sua volta facilitata dal liscio asfalto mentale sulla quale è stata fatta correre a mezzo della semina di terrore di morte. Passo di tipo indispensabile per l’eventuale intento di riduzione della popolazione mondiale, sola sorgente eliminabile per gestire il problema ambientale nelle mani, e negli interessi, dei voraci produttivisti. Ma con la paura, altri fantasmi nanoscopici non sono da sottovalutare. Il capitalismo della sorveglianza non ha troppe linee programmatiche per continuare a riconoscersi nella primigenia identità.

Il recente G20 drago-italico non è che il gran pavese sulla grande torta dell’egemonia mondiale. Come il Pd si interessa dei diritti civili e butta a mare quelli sociali, così i grandi del mondo si impossessano del problema ambientale pur di buggerare ancora qualcuno. E ci riusciranno. La generazione che ora comprende come stanno le cose, che ha visto il messaggio diffuso dal gobbo teatrale, a breve lascerà la scena a novelli umani, ignari del recente passato, vergini sacrificali sull’altare di bromurici valori adatti a controllarli, con reciproca soddisfazione.

Dentro tutto ciò, la Nato: sempre più vuoto spauracchio, sempre meno temuto dal nemico, sempre più politico per l’Europa, sempre più vischioso tessuto dal quale non ci si riesce a liberare. Non ci si vuole liberare. Non si può liberarsi. Quante scialuppe di salvataggio avranno garantito all’Italia progressista-liberista per saldare il conto delle sue basi militari sul nostro territorio? E quante per avere appoggio non solo logistico ma anche militare? Forse il D’Alema – e non solo lui, naturalmente – può darci risposta di quanto denaro ognuno di noi spende per la Nato. Siamo cuciti a filo doppio per mantenerci culo (noi) e camicia (lei) con una struttura che ha perduto il senso originale, che si arrabatta per sostituirlo con uno adeguato ad un’egemonia mondiale ormai traballante.


L’opulenza distribuita a piene mani a mezzo di una cultura consumistica ha mercificato tutto, compresi sentimenti e immaginario. I padroni della comunicazione non hanno faticato ad imporre, con strategia omeopatica, il riempimento di case e pensieri. Contemporaneamente, hanno dimostrato quanto il coraggio umano possa essere ridotto a pusillanimità. Pure lei sul banco del mercato, venduta con l’etichetta della sicurezza e del buon senso. La resa di noi tutti è stata così ampia che si può definire totale.

Chi resiste non ha neanche più da doversela vedere con il cosiddetto potere. Prima di questo viene la moltitudine dei suoi simili. La marea di forza che questi esprimono corrisponde ad un’unità di grandezza nuova, non più analogica. Non si può immaginare di arrestarla, scomporla o abbatterla secondo l’emblematico esempio di Gavrilo Princip, di Thích Qung Ðc, del Rivoltoso sconosciuto. Non c’è più l’amalgama per la rivoluzione e non c’è nemmeno più il palazzo da abbattere. Il potere risiede in stanze di case private, di stanze d’albergo, di sale riunioni. Grani di sabbia sparpagliati nel deserto del mondo.

La moltitudine ha un segno matematico insuperabile dai pochi che vorrebbero farsi ascoltare. Un dibattito civile non è e non è stato possibile, parlamentari bulgari hanno evitato anche quello politico. Nessuno dei resistenti ha potuto essere riconosciuto di dignità, né ha potuto porre domande; in compenso è stato soverchiato di affermazioni che si sono rivelate contraddizioni e menzogne, prese in giro, strategie di dominio. La stagione del Covid è emblematica del tentativo di controllo sociale a mezzo modalità protomonarchiche, possibili solo e soltanto con l’accondiscendenza di tutti. Lo zoccolo duro, fondamenta delle diffuse stanze dei pochi, non è protetto da fossi con caimani, concertine laceranti e garitte con feritoie. Placidamente alloggia nelle menti molli dei benpensanti, sostenuto da pensieri perbenisti, difeso da schiere votanti.